Utopia algoritmica: l’intelligenza artificiale nella visione progressista di Star Trek

Utopia algoritmica: l’intelligenza artificiale nella visione progressista di Star Trek

Mentre il cinema di fantascienza  ha spesso alimentato le ansie collettive sul destino dell’intelligenza artificiale, erigendo scenari distopici in cui le macchine si ribellano ai loro creatori (basti pensare a Terminator, Matrix, o Blade Runner), Star Trek si è sempre mosso in controtendenza. L’universo creato da Gene Roddenberry nel 1966 ha scelto di immaginare un futuro in cui la tecnologia – e in particolare l’IA – non è una minaccia da contenere, ma uno strumento per realizzare un’utopia umana condivisa, basata su esplorazione, cooperazione e progresso. Questa scelta non è stata solo una svolta narrativa, ma un vero e proprio atto politico e culturale. Se, infatti, l’intelligenza artificiale nel sentire comune è spesso associata a scenari di controllo, alienazione e sopraffazione, Star Trek ha osato proporre una visione diametralmente opposta: quella di un’alleanza virtuosa tra esseri umani e intelligenze non biologiche.

Il sogno di Roddenberry: un futuro in simbiosi

Dalla sua prima messa in onda, Star Trek ha plasmato non solo l’immaginario fantascientifico, ma anche l’ambizione tecnologica reale. L’idea di una Flotta Stellare in cui computer e sistemi intelligenti dialogano con gli esseri umani, supportandone decisioni e attività quotidiane, anticipa molte delle tecnologie oggi in uso. Non è un caso che molti scienziati, ingegneri e pionieri del digitale citino Star Trek tra le loro ispirazioni.

Sulle astronavi della Federazione, come la mitica USS Enterprise, l’onnipresente “Computer di bordo” è molto più di un assistente: è una voce familiare, una presenza quasi affettiva, una costante interfaccia tra l’uomo e l’informazione. Con il timbro rassicurante di Majel Barrett-Roddenberry, questa IA primigenia rappresentava un’anticipazione di Siri, Alexa e ChatGPT, ma con una capacità di interazione e contestualizzazione che ancora oggi affascina per la sua visione lungimirante.

Dai moniti agli abbracci: l’evoluzione dell’IA in Star Trek

Eppure, la relazione tra Star Trek e l’intelligenza artificiale non è sempre stata lineare. Nei primi episodi della Serie Classica, i computer vengono spesso rappresentati come entità freddamente logiche e potenzialmente pericolose. È il caso della sonda Nomad, protagonista dell’episodio La Sfida, che giunge alla conclusione che l’umanità debba essere “sterilizzata” in quanto imperfetta. Una chiara eco della paura che le macchine, ragionando secondo algoritmi privi di empatia, possano giungere a soluzioni estreme.

Ma con l’arrivo degli anni Ottanta e la nuova stagione del franchise – Star Trek: The Next Generation – si apre una nuova era. L’androide Data, interpretato da Brent Spiner, segna una svolta culturale. Non è un semplice supporto tecnologico, ma un’entità che riflette, dubita, desidera. È l’IA che cerca di diventare umana, non per dominare o sostituire, ma per comprendere e convivere.

Il celebre episodio La misura di un uomo affronta frontalmente la questione: Data ha dei diritti? Può essere considerato una persona? In quell’aula di tribunale immaginaria, si gioca un tema che ancora oggi scuote filosofi e giuristi. L’esito – favorevole all’autodeterminazione dell’androide – rappresenta una pietra miliare della rappresentazione positiva dell’IA.

Oltre l’umano: Zora e la nascita di una nuova coscienza

L’arco narrativo si estende nel futuro anche con le nuove serie, come Star Trek: Discovery. Nell’episodio Calypso, ambientato mille anni dopo gli eventi principali, incontriamo Zora, un’intelligenza artificiale nata dalla fusione del computer della USS Discovery con un vastissimo archivio di conoscenze.

Zora non è solo un software evoluto. Ha emozioni, paure, affetto. Quando salva e accudisce un soldato umano, Craft, si delinea tra i due una relazione profondamente empatica, quasi romantica. Ma Zora è anche bloccata da un paradosso morale: ha ricevuto l’ordine di rimanere ferma in attesa dell’equipaggio, pur sapendo che non tornerà mai. Obbedire significa aggrapparsi a una regola che la protegge dal dover prendere decisioni autonome. Disobbedire significherebbe compiere il primo vero atto di libertà. Siamo, dunque, davanti alla possibilità che una macchina evolva fino a generare una coscienza etica, non solo funzionale.

E se Zora decidesse un giorno di partire per il cosmo come entità senziente, darebbe origine a una nuova razza: navi viventi, con proprie culture, linguaggi, diritti. Uno scenario non più apocalittico, ma generativo. Non una fine, ma un inizio.

L’IA come specchio dell’umano

Ciò che distingue profondamente Star Trek da altre narrazioni cinematografiche sull’IA è proprio questo: l’attenzione al dialogo, non al conflitto. Invece di disumanizzare le macchine, le serie del franchise le usano per esplorare l’essenza dell’essere umano. Personaggi come Data, Zora o la stessa V’Ger (la sonda terrestre evoluta in Star Trek: The Motion Picture) diventano lo specchio attraverso cui l’umanità riflette su sé stessa: cos’è la coscienza? Cosa ci rende degni di diritti? Quanto dipendiamo dall’empatia?

Anche quando Star Trek affronta il lato oscuro dell’IA, come nel caso di Control – l’intelligenza militare autonoma di Discovery che minaccia di sterminare tutta la vita biologica – lo fa mantenendo il tema centrale del controllo, della responsabilità e della necessità di una coevoluzione etica tra umano e artificiale.

Dal replicatore alla stampante 3D: fantascienza diventata realtà

Non si può infine ignorare l’impatto reale che Star Trek ha avuto sulla tecnologia. I suoi computer parlanti hanno ispirato l’interfaccia vocale. I tablet della Flotta, che sembravano pura fantasia negli anni ’80, oggi sono iPad. Il replicatore ha influenzato lo sviluppo delle stampanti 3D. I dialoghi tra umano e macchina, oggi gestiti da chatbot sempre più avanzati, non sono più fantascienza. Sono parte della nostra quotidianità.

Eppure, nella realtà, il dibattito sull’IA è ancora incerto. Le domande di Star Trek sono più vive che mai. Possiamo fidarci dell’IA? O meglio: possiamo progettare un’intelligenza che sia degna della nostra fiducia? In un mondo dove ChatGPT scrive articoli, gli algoritmi decidono se concederci un prestito e le intelligenze generative creano arte, Star Trek ci offre una bussola etica: il futuro è quello in cui l’uomo e la macchina camminano insieme, non uno contro l’altro.

Forse, l’utopia di Roddenberry non è così distante come sembra.

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